Ci avrete fatto sicuramente caso.
Avrete letto o visto in tv o sul web con quanta superficialità vengono "spinte" certe notizie in certi frangenti. Vengono scelti dei filoni e poi li si persegue finché è possibile.
Se l'argomento è puramente di cronaca anche settimane o mesi. Se c'è un risvolto che va oltre il fatto, molto meno. Appena il tempo di avere una escalation di attenzione, uno pseudo-polemica politica, un finto dibattito. Poi si gira pagina, e di quella roba più nulla.
Il guaio è che non di rado si tratta di argomenti anche molto importanti, che meriterebbero approfondimenti e decisioni all'altezza.
Negli ultimi giorni si (s)parla molto di immigrazione e di carceri.
Come sappiamo, i due temi sono molto gettonati, specie a destra.
Un po' perché consentono di fare propaganda nella maniera più spicciola sulla pelle di soggetti che, comunque la si veda, sono deboli. Un po' perché allentano l'attenzione sulle questioni economiche, sulla crisi e i suoi ormai devastanti effetti di massa. Un po' perché li si sta usando come merce di scambio per creare il salvacondotto per Berlusconi.
Di questa miserevole vicenda personale non ho intenzione di occuparmi qui (e neanche in genere). È solo triste quanto questo paese debba pagare in termini di perdita di tempo utile a far altro per un solo individuo, peraltro reo di evasione fiscale e a breve di altri reati che ovunque gli impedirebbero anche di parlare al bar.
L'immigrazione e le carceri, invece, sono questioni di una serietà e di un'urgenza tali da meritare senz'altro una sorte molto diversa. Il tritacarne mediatico, per il quale tra una settimana non se ne parlerà più, andrebbe superato e subito. Altrimenti la gente continua a morire e soffrire! Chi se lo può permettere il lusso di andare avanti sulla china di adesso e far finta di essere ancora una democrazia avanzata se non riusciamo ad impedire neanche queste mostruosità?
Entrambe le tematiche necessitano di provvedimenti immediati - che nel nostro ordinamento si chiamano "decreti legge" - ma soprattutto di un'analisi di sistema, tanto per cambiare.
Eh già, che se fai un decreto per la scarcerazione come l'indulto o l'amnistia, che implicano una riduzione pura e semplice dei tempi della detenzione, quasi a prescindere dal reato compiuto, si ha un doppio effetto negativo: non si sanano le storture strutturali che portano tanta gente in carcere e socialmente lo Stato comunica di non riuscire a tenere 'dentro' neanche i criminali perché gli spazi carcerari non bastano.
Ora è chiaro che un sistema marcio come quello della giustizia italiana non si mette a posto con un colpo di bacchetta magica. Ma ci sono due ambiti normativi che hanno prodotto dei veri disastri da quando sono vigenti, che si sono innestati su una situazione già gravemente sottovalutata in precedenza: la Bossi-Fini ed il Pacchetto Maroni da una parte e la Fini-Giovanardi dall'altra.
E abrogando questi dispositivi si inciderebbe in maniera rapida e significativa sui fenomeni a cui fanno riferimento.
Per farlo, tuttavia, bisognerebbe avvalersi di un salto culturale che obiettivamente, per come le cose vanno da tanto tempo, non possiamo sperare di fare.
Dovremmo ammettere che l'idea di clandestinità non può essere legata tout-court al fenomeno migratorio; che uno può essere clandestino per sua scelta (e allora uno stato può legittimamente perseguirlo) ma mai per nascita o perché viaggia e si sposta da contesti orribili di guerra e fame; che, quindi, 'abbiamo' sbagliato a criminalizzare un fenomeno storico-demografico e non siamo riusciti a gestirlo perché ci 'eravamo' fatti prendere dalla follia di identificare lo straniero con il deliquente. Anzi, abbiamo ottenuto che la mancanza di documenti di riconoscimento adeguati rendesse molto più complicato isolare chi compiva un reato e perseguirlo per quello.
Al pari, dovremmo rinunciare una volta per tutte all'equazione "fruitore di sostanze stupefacenti uguale spacciatore", ma questa è ancora più dura da estirpare, con il fuoco di fila delle organizzazioni cattoliche che devono sempre redimere il mondo dal peccato (ma non hanno mai tempo di vedersi in casa propria) e quelle mafiose che ci tengono davvero tanto che questo ambito rimanga totalmente illegale.
Il fatto è, tuttavia, che questi esempi, per quanto drammatici, non fanno altro che mettere a nudo il problema della decisione politica, della sua genesi e produzione.
Neanche dentro uno stesso partito si trovano parlamentari che la pensano e agiscono nel medesimo modo sulle varie questioni all'ordine del giorno.
Ci sono contrapposizioni che sfuggono anche al più banale buonsenso e che arenano la macchina statale su una quantità sempre maggiore di nodi cruciali del presente (e del futuro). E questo non è altro che il frutto di una totale mancanza di formazione politica.
La rilevanza che ha assunto il movimento di Grillo e Casaleggio, figlia di una presunzione senza fondamento, ha accelerato il processo di distruzione istituzionale già in atto: siccome i politici 'tradizionali' non sanno fare neanche il mestiere che si sono scelti, tanto vale che ci provino "i cittadini" (gente che non deve avere alcuna idea strutturata del da farsi), guidati da un capopopolo che urla frasi a casaccio su tutto ed il suo contrario. Le contraddizioni che ogni giorno esplodono al suo interno dimostrano quanto ci sia bisogno di personale preparato, specie per difendere le categorie più deboli della società.
Perciò torniamo all'inizio del ragionamento. Un'informazione frammentaria ed emozionale come quella mainstream de 'noaltri è funzionale ad una classe politica evanescente, che non è in grado di fare nulla e quando lo fa è sbagliato, completamente.
Un movimento di ricomposizione, che sia degno di incarnare il bisogno estremo di rappresentazione dei tanti disagi che si vivono oggi in questo assurdo paese, ha una flebile ma importante occasione: unire quante più persone possibili - non ho detto sigle, correnti o sindacatini, ma persone - per ottenere l'abrogazione di queste leggi vergognose ed iniziare ad invertire con serietà una tendenza ormai decennale all'isolamento politico di tutti quelli che possono fare il bene delle proprie categorie sociali di appartenenza.
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