martedì 11 giugno 2013

Dialisi del voto

Il voto di Roma e delle altre amministrative riflette una situazione generale del panorama politico: nessuna lettura si può fare a cuor leggero.
Avendo il centrosinistra vinto per 16 a 0, questo schieramento non può certo mostrare scontentezza. Ma la debacle della destra e lo sfaldamento del consenso del M5S non contribuiscono da sé a portare una novità in grado di migliorare in maniera significativa il quadro complessivo.
Innanzi tutto, abbiamo metà degli aventi diritto che non hanno votato. Per questo, invece che di un'analisi, è più decente parlare di una dialisi delle elezioni.

Una tendenza, quella all'astensione che sebbene in atto da tempo ha subito una forte accelerazione.
I fattori che l'hanno determinata sono diversi: la percezione della mancanza di effettivo valore della propria volontà e la scarsa consistenza de candidati scelti di sicuro sono stati elementi determinanti. Ma guai a pensare che il non-voto sia stato per tutti quelli che l'hanno 'esercitato' un gesto pienamente cosciente. Molti non hanno votato per un'inerzia che li rende più simili a chi ha messo la crocetta sul Pd o il Pdl ed affini di quanto non possa sembrare.
A me pare evidente e tanto tanto allarmante che, nonostante l'immobilismo palese della classe (non) dirigente, non ci sia alcuna prospettiva positiva per il futuro.
Siamo come prede di un fatalismo strisciante: o non possiamo farci niente, o possiamo scegliere appena il meno peggio.
Culturalmente, credo che il paese si trovi ad uno dei livelli più bassi di sempre. Da una parte una massa di gente che guarda alla politica come una cosa inutile e tutt'al più la interpreta come un match di campionato, in cui ci si limita al tifo; dall'altra un ceto di pseudo intellettuali e pessimi giornalisti, tutti al seguito di un circo di personaggi che riescono chissà come a farsi eleggere e a tenere banco con le loro diatribe inutili e che non decidono mai niente di significativo. [Tranne in materie su cui i loro finanziatori/benefattori gli indicano di creare un'emergenza e qualche norma conseguente a loro vantaggio. Che poi è la storia delle riforme del lavoro e delle pensioni da Treu alla Fornero]
In Italia, in pratica, non esiste neanche uno straccio di dibattito reale. Si parla di tutto, ma per non parlare di niente.
Eppure ci sono almeno tre temi che meriterebbero miglior sorte: l'innovazione tecnologica, la green economy e l'occupazione. Cioè la modernizzazione del sistema.
In tutto il mondo si parla di questi temi e, anche per questo, la recessione ha cominciato a trasformarsi in crisi ed i paesi avanzati si stanno attrezzando per tornare a produrre.
È vero, il capitalismo rimane un sistema al tracollo, ma la mancanza di un modello di sostituzione ha permesso che in qualche maniera esso sopravvivesse alla sua stessa catastrofe (finanziaria).
Ma in Italia un vero capitalismo non c'è. Forse non c'è mai stato, ma almeno prima una parvenza sembrava sussistere. Ora neanche più l'ologramma è rimasto.
Sono rarissime davvero le realtà dinamiche, e per questo non fanno più di tanto testo. Di riflesso, la politica è vuota.
C'è stato qualcuno durante questa estenuante campagna elettorale che va avanti da più di un anno, tra parlamento e amministrazioni locali, che ha posto il tema della modernizzazione?
E d'altronde, non sapendo neanche di cosa si tratta, cosa si poteva pretendere dal povero politicante medio?
In questo momento non riesco ad intravedere il superamento dello stallo. E sento come molto probabile che il centrosinistra mega-vittorioso non abbia alcun interesse a porre un problema che ha lungamente ignorato e poco e malamente trattato.
Questo compito tocca ad altri. Rimane da capire chi siano e come dovrebbero operare.

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