venerdì 13 luglio 2012

Il Modello Europeo

Per chi segue la politica senza retaggi ideologici o conformismi è cosa nota: attraverso la recessione economica sono passati in diversi paesi dell'Unione Europea dei provvedimenti che difficilmente sarebbero stati accettati, fuori dalla pressione di un'emergenza continua costruita ad arte.


Il debito pubblico, di cui tante volte abbiamo parlato e sentito parlare, è il fattore cruciale di questo terrorismo psicologico di massa senza sostanza. E viaggia insieme allo spread e ad altre amenità.
Il fatto via via più rilevante è che da un lato, come detto, si fa un lavaggio del cervello generale sulla necessità di ridurre il debito e di come per farlo non serva eliminare le spese inutili e razionalizzare quelle necessarie, ma tagliare lo stato sociale e - di soppiatto - eliminare le garanzie ed i diritti (anche quelli acquisiti) dei lavoratori; dall'altro lato, e questo è a mio modesto avviso il vero nodo, in un momento di perdita pesante di posti di lavoro e riduzione generalizzata di reddito per la classe lavoratrice fino al ceto medio, i piani alti della politica e della finanza si sono già più volte accordati per tappare ad ogni costo le falle prodotte da macroscopici errori nella gestione delle banche e del loro credito.

Finora è in Spagna che questo processo è reso più esplicito. Si trova un buco nei bilanci dei più importanti istituti e in una notte escono fuori tra gli 80 ed i 100 miliardi di euro. Una cifra mastodontica, degna di un fallimento di sistema.
E così, dopo anni passati a convincere tutti che non si danno aiuti alle imprese, che il mercato fa da se, in un colpo si socializzano le perdite di queste aziende ("Non siamo enti di beneficenza", tuonò l'Abi quando fu semplicemente paventato che i pensionati a soglia minima potessero non pagare il conto corrente base), condendo la decisione della Bce della giusta tensione drammatica: bisogna salvare l'economia di quel paese.
Personalmente non condivido le visioni complottiste di coloro i quali affermano che dietro questi provvedimenti d'urgenza ci siano delle macchinazioni.
Molto, molto più semplicemente, quando viene fuori un patatrack di bilancio che mette a rischio la tenuta di certe geografie del potere, finanziare e/o politiche, si orienta l'opinione pubblica a dibattere sul caso straordinario, che impone decisioni immediate.
Quindi l'emergenza non è decisa a tavolino, voluta, malgrado sia anche ampiamente prevedibile da parte di analisti seri ed indipendenti; è solo programmata, nel senso che è una possibilità ricompresa nella governance del sistema, i cui vertici sono a conoscenza delle criticità intrinseche del capitalismo finanziario. Si può dire che siano molto più marxisti loro di quanto non lo siano quelli che professano di esserlo.

Rimane, tuttavia, al di là di qualunque valutazione si faccia, un pesante dato di fatto: le risorse che vengono concesse dalle istituzioni internazionali vanno in qualche modo alle banche (ad esempio con tassi di interesse bassissimi), mentre come contropartita si chiede all'intero paese di contribuire al risanamento dei conti. La formula è un po' bislacca, francamente. In dubbio non viene mai messo il meccanismo generale, ma la spesa totale che il paese effettua, senza guardare se questa spesa corrisponda, ad esempio, reddito ed ai servizi essenziali di una fascia di popolazione.
Tra l'altro, come abbiamo più volte approfondito, sono le distorsioni della spesa a produrre danni per il paese, ma queste sono generate in larghissima parte (se non nella totalità dei casi) dalla politica e dai suoi devastanti atteggiamenti corrotti, clientelari, affaristici. Che solo qui da noi costano qualcosa come 60 miliardi di euro l'anno (mettiamo questa cifra accanto agli 80 miliardi di aiuti alle banche spagnole, ai 30-40 delle manovre finanziarie di media pesantezza e ci rendiamo subito conto dell'entità). Ma a tali distorsioni non si fa alcun accenno nei provvedimenti che dovrebbero portare rigore ed auterità.
Il passaggio dalla recessione alla crisi si sta giocando per ora col tentativo di consegnare l'intero onere alle popolazioni. Sappiamo già che i sacrifici - qualsiasi sia la loro entità - non basteranno, perchè non è da essi che dipende la ripresa, ma dalla ridefinizione complessiva della produzione e della distribuzione. E' per questo che occorrerebbe fermare gli sciacalli ora, prima che ci privino di tutto.
Peccato che non ci sia la forza e la consapevolezza per farlo.

1 commento:

  1. Sveglia sinistra!!! Il problema di molti paesi europei non è il debito pubblico, ma quello privato! Andate a leggervi il libro del professore Alberto Bagnai o il suo blog: http://goofynomics.blogspot.it/
    Non inventa nulla. Riporta solo studi di economisti che da almeno gli anni '60 ci dicono che un'area monetaria non ottimale non può reggere! E da 3 anni ha azzeccato tutte le previsioni... Rivoglio Keynes!!!

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