A leggere i 'nostri' quotidiani, la notizia che dopo il voto pro-Ue in Grecia i mercati non abbiano virato in territorio positivo è appresa con incredulità e sgomento.
Come sappiamo la Storia non si fa con le ipotesi, eppure mi viene naturale chiedermi cosa sarebbe successo se per caso avesse vinto Syriza... La realtà è che i mercati finanziari funzionano - si fa per dire - in base a logiche che tendenzialmente non hanno quasi più nulla a che vedere con le vicende politiche.
Questo è un fatto, le cui cause sono molteplici e stratificate nella storia recente; per ora mi interessa di più analizzarne le conseguenze possibili.
La prima è che diventa palese, per quanto ce ne fosse ancora bisogno, che orientare le politiche di governo alla soddisfazione nel breve periodo della finanza internazionale è una scemenza colossale; quello che è accaduto da questo punto di vista in Italia, Grecia, Spagna e Portogallo è esemplare, e a ben vedere può essere frutto o di incapacità o di dolo, oppure di entrambi.
Il problema principale è l'individuazione di parametri adeguati per la politica.
Sia Monti, che Venizelos che Rajoy hanno ricevuto incarichi improntati al risanamento dei conti dei loro paesi affinché attraverso di esso potesse essere realizzato un riallineamento agli obiettivi di Maastricht; ora lasciamo stare che gli ultimi due politici vengono da formazioni politiche, il Pasok ed il Partido Popular, invischiate fino al midollo con l'indebitamento dei rispettivi stati (quando non con il maquillage dei conti per rientrare nell'Euro) e che anche il nostro presidente del consiglio non è proprio un verginello malgrado abbia sempre avuto cura di non comparire più del dovuto. Sta di fatto che le riforme che i tre capi di governo hanno deciso di intraprendere sono un impasto a casaccio di tagli della spesa pubblica, innalzamento della pressione fiscale, tagli alle pensioni e riforme del lavoro, secondo il più obsoleto dei cliché neo-liberisti.
Un bel paradosso, visto il complesso delle cause del tracollo economico iniziato nel 2008, tutte 'interne' al funzionamento del sistema. E' come se per curare la gastrite, al paziente si prescrivesse di mangiare solo frittura ed insaccati.
La seconda conseguenza è quella inerente le soluzioni politiche, le vie d'uscita. E qui viene il magone vero: sembra quasi che l'alternativa ai disastri dell'austerity sia solo "ancora più austerity". Se, come in Grecia, si paventa la possibilità di un governo che potrebbe mettere in discussione le linee di comando prestabilite (Fondo Monetario-Bce-Unione Europea-ecc.), si solleva un polverone incredibile per spingere quel popolo a votare di nuovo i malfattori di NeaDemokratia e del Pasok che l'ha già condotto alla rovina.
Per conto loro, queste alternative, a sinistra e all'estrema destra, non hanno la forza di egemonizzare il senso di frustrazione e di rivalsa che c'è nella società, probabilmente perchè non hanno lavorato affatto sulla costruzione di un'egemonia culturale e, più in generale, non hanno elaborato un sorpasso del sistema attualmente in vigore.
All'estrema destra questa possibilità non preoccupa, come fa invece il solito carico di violenza che le loro campagne si porta dietro. Queste componenti politiche idealizzano l'uscita dal sistema solo strumentalmente, mentre la loro funzione politica è totalmente pro-sistema, a contrasto delle sinistre e basta.
A sinistra si registra invece il vuoto siderale.
A noi, da questa parte della politica, starebbe il compito di: difendere il lavoro, di principio e di fatto, ergendo delle severe barricate; iniziare a concepire una spinta verso la crisi, affinché siano messi in discussione gli assetti chiave del neoliberismo, senza fornire ai potenti del sistema gli appoggi strategici per salvarsi e ricominciare a fare tutto male come finora.
La Cgil maggioritaria ed il Pd lavorano esattamente nel senso contrario al vantaggio dei lavoratori. Si può eccepire che lo fanno da un pezzo, se non proprio per statuto.
Ed il punto è proprio questo: il sindacato ed il partito tradizionali vanno scavalcati con un'operazione politico-culturale ampia ed alta. Perché l'economia attuale non si può aggiustare, ed il lavoratore e la lavoratrice devono battersi per una funzione sociale nuova, in cui flessibilità, il merito ed in genere il diritto al lavoro - checché ne dica il ministro Fornero - siano rivoluzionati a loro favore.
L'Unione Europea stessa, o cessa di essere una formazione di stampo bancario, o sarà sempre il più tenace e devastante nemico della classe lavoratrice del vecchio continente. E non solo di quella.
Sebbene ci troviamo nel mezzo di un ciclone recessivo e malgrado la classe politica di questo paese stia dando veramente il peggio di se, tuttavia, siamo in una fase in cui il capitale gioca a carte scopertissime.
La questione è, dunque, ancora una volta: per quale motivo, se i fautori del sistema ed i loro servi non usano le mezze misure, dovremmo usarne noi? Che ci facciamo con la moderazione, quando siamo chiamati a capire se vogliamo provare a vivere o se ci dobbiamo accontentare di sopravvivere sotto i diktat di qualche troika?
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