sabato 23 novembre 2013

Sostenere i Lavoratori Atm di Genova, Imporre la crisi

Finalmente esiste in Italia una lotta che ha tutte le potenzialità per squarciare il velo di ipocrisia a cui un'intera società pare essersi consegnata: è la vertenza dell'Amt di Genova.
Primo perché si lotta contro la svendita di un bene pubblico o comune che dir si voglia.
Secondo per il fatto che a condurre non è la politica (che anzi sta subendo la rimostranza) ma il mondo del lavoro, attraverso una pratica altamente conflittuale come lo sciopero selvaggio.

Da anni non si ha memoria di uno sciopero che duri più di qualche ora. Finalmente qualcuno ha capito che questo strumento ha senso non per far sedere i soliti noti ai soliti tavoli, con i soliti esiti disastrosi, ma che lo ha fin tanto che non ottiene di arrivare alla soluzione per cui si è iniziato a battersi.
E in questo - ce n'era proprio bisogno - si intravede con chiarezza la strada maestra.
La necessità è quella di generare la crisi, cioè il momento soggettivo in cui vengono imposti gli interessi di una parte della società in contrapposizione di quelli che hanno fino a quel momento avuto maggiore rilievo. La crisi va conquistata, in un paese debosciato come il nostro che da anni dibatte sul sesso degli angeli delle leggi elettorali e dei guai giudiziari di gente squallida.
La modalità di questa conquista non può essere che conflittuale, dato che proprio l'assetto politico di Genova, saldamente e da sempre in mano al centro-sinistra, rivela come non ci sono per forza buoni amici in questo raggruppamento, mentre i cattivi stanno a destra.
Basta vedere il disagio mostruoso dei principali esponenti del Pd (Bersani e Cuperlo in testa) ma anche di Sel, che invocano il ritorno alla normalità - come se a quei lavoratori piacesse avere meno soldi in busta paga ed esporsi ai problemi giudiziari già annunciati dal prefetto della città - e parlano di "micce che rischiano di far esplodere la situazione". La loro inadeguatezza è da tempo leggenda, inutile soffermarsi. Sanno che questa vertenza non è autoreferenziale, sanno che parla a Genova e al paese intero. Quindi la temono.
Ma non solo, e forse non principalmente, il problema è politico: i sindacati confederali a livello centrale sono palesemente inetti ed il peso dei non confederali è scarsissimo, non tale da gestire un passaggio epocale come quello di cui si ha assolutamente bisogno.
Da qui la strada, la priorità: smettiamo di invischiarci nelle bassezze fatte passare per dibattito politico; esistono centinaia di vertenze che vanno sostenute, una per una, e che mirano alla dignità del lavoro, alla distribuzione di reddito e all'attribuzione di diritti sociali fondamentali, come l'accesso alla casa, alla sanità, all'istruzione, alla ricerca, ecc.
Non si può rimandare ulteriormente il collegamento tra le tante rivendicazioni che attraversano il paese. Se Genova può, ancora una volta, segnare un percorso, va colto il momento senza esitazione.

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