Da tempo si chiacchierava del destino della politica e della cosiddetta Seconda Repubblica.
Ora però c'è stata una tornata elettorale, e molte cose sono accadute.
La prima è che, di base, non ha vinto nessuno.
Il terzo polo non esiste, ma non è che una conferma; il partito del 'fu' Berlusconi è sfaldato.
Ma anche chi canta vittoria non ha ottenuto che modestissimi risultati. Il Pd ha ottenuto in media meno del 20% dei voti; la sinistra è disgregata anche se i suoi candidati spesso risultano più spendibili di quelli dei democratici.
Poi c'è il 'caso Movimento 5 Stelle'. Che, per inciso, non è un 'caso Grillo', se no non ci abbiamo capito nulla. Questo movimento ha fatto sfracelli soprattutto lì dove il governo locale ha peggio agito: Genova e Parma. E' quindi palesemente espressione del voto di indignazione. Però non ha un profilo ideologico - anche se ha il merito di aver posto alcuni quesiti dirimenti al ceto politico, che si è ben guardato dal rispondere con dignità -, è in balia del vento, e sfrutta semplicemente il vuoto organizzativo della sinistra, in particolare quella di classe.
Va detta anche un'altra cosa: la violenza verbale degli 'istituzionali' della politica e della stampa nei confronti dell'M5S è un atteggiamento intollerabile di etichettatura morale, esercitata senza pudore da schiere di dilettanti ed incompetenti autoelevatisi a professionisti con licenza di patentare, a partire dal presidente della Repubblica.
La politica è un esercizio di diritti di espressione che non appartengono ai partiti ma agli individui. Organizzarsi ed avere una storia ed un radicamento è legittimo (anche se oggi è palese che queste caratteristiche mancano a tutto l'arco parlamentare), ma partecipare alla politica non è un privilegio per alcuni!
Venendo alle prospettive, che è ciò che più mi preme, esprimo l'esigenza credo di molti: non basta che il sistema politico si stia sfasciando, serve che dal basso, fin dai territori, si costituisca un moto di rivoluzione che utilizzi ogni scenario possibile, elettorale ma non solo, per avviare il cambiamento di cui le città, gli enti locali e l'intero stato hanno bisogno.
Le borghesie hanno fallito: prima l'orda berlusconiana, con le brevi alternanze di ulivi e altre piante di razza veltroniana-dalemiana, poi questi benemeriti tecnici, che non hanno fatto altro che danni (davvero sfido chiunque a tirare fuori un solo loro provvedimento salutare).
In questo momento però non si intravedono le alternative. A meno che non si voglia pensare che un Vendola, un DiPietro o persino un 'grillino' facciano al caso nostro.
Non occorre, a mio avviso, cercare di inventarsi il mischione delle forze progressiste, che non sono progressiste e neanche forti: serve discutere pubblicamente e presto, perché raramente c'è stato così tanto bisogno di farsi coinvolgere e di scrollarsi di dosso l'idea stessa di rappresentanza come ora.
Santuari non ce ne sono più.
Nessuno adesso può presentarsi ad un tavolo o in un'assemblea e mettersi sul piedistallo, se no corre solo il rischio di restare lì come un broccolo.
Agiamo! Produciamo quel surplus di democrazia che è l'unica risorsa che abbiamo per non cadere nel baratro della depressione sociale. E rimettiamo in discussione tutto, senza più paura.
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