Circa 30mila sfratti vengono realmente eseguiti, mentre le richieste superano quota 100mila.
La parte più consistente del disagio abitativo, o meglio la quasi totalità, è concentrata nelle aree urbane maggiori: Roma, Milano, Napoli e Torino, in linea con la loro grandezza, rappresentano il grosso del problema.
Tutto questo senza calcolare gli affitti in nero, che statisticamente sono difficili da gestire per eccellenza, ma non possono essere ignorati in quanto coinvolgono le fasce più deboli della società (immigrati, precari e studenti).
Come è noto, il problema casa non ha nulla a che vedere con la scarsità del bene immobile in questione. Solo a Roma, si calcolava qualche anno fa che esistessero oltre 70mila appartamenti sfitti.
Cosa c'è allora dietro l'emergenza casa?
I fattori, a mio avviso, sono tre: uno storico, uno politico o di sistema, uno pratico.
Il fattore storico ha a che fare con la preminenza che da sempre viene data in questo paese all'edilizia ed alla proprietà di case. I palazzinari dominano la scena economica, in particolare nelle città, per lo meno dagli anni '60, e mano a mano che la loro espansione si è concretizzata, questa 'casta' si è trovata a condizionare le politiche urbanistiche delle amministrazioni locali: la conversione a terreni edificabili di intere aree precedentemente intese come agricole secondo logiche che nulla hanno a che vedere con delle corrette pianificazioni sono sotto gli occhi di tutti. La spiccata propensione degli italiani ad acquistare case ha fatto il resto.
Ma c'è stato, negli anni '90, un fatto davvero centrale: la (s)vendita dei patrimoni immobiliari di enti pubblici [le famigerate cartolarizzazioni] come pure di banche ed assicurazioni, che fino a prima avevano calmierato di fatto il mercato degli affitti e, per conseguenza, quello delle proprietà immobiliari in genere.
Saltato questo tappo il prezzo delle case, sospinto dalla speculazione globale sull'euro, è schizzato nelle città, mentre è praticamente imploso nelle campagne ed in genere nella maggior parte della provincia italiana.
Il fattore politico o di sistema è molto più complesso e sotteso, poiché non ha direttamente a che fare con il mercato immobiliare tout-court, quanto piuttosto con le dinamiche sociali in genere: un centro universitario, specie nei quartieri limitrofi rispetto alle facoltà, subisce un'inevitabile impennata di valore immobiliare rispetto alla media cittadina; lo stesso dicasi per i poli produttivi principali, per le città che ospitano sedi di ministeri o altre istituzioni amministrative centrali, per i centri che insistono sulle principali assi di mobilità.
In più tali fenomeni si rafforzano in concomitanza con la crescente precarizzazione delle generazioni lavorative più recenti e con la migrazione: sempre più ragazzi e cittadini stranieri si trovano a dover condividere il proprio spazio abitativo con altri, con un sostanziale regresso a situazioni pre-boom economico; d'altronde con i redditi che queste categorie percepiscono, si può pretendere che si riescano ad emanciparsi a livello abitativo?
Esiste poi il fattore pratico che rappresenta l'attualità ed i margini risolutivi immediati: al momento, con la ritassazione delle prime case e l'aumento degli indici catastali usati per intervenire sul debito pubblico, il governo nazionale fa quanto di peggio ci si potesse aspettare, perché acuisce le criticità che hanno reso il mercato immobiliare impraticabile per intere fasce di popolazione, in particolare il prezzo (affitto-acquisto-mutuo) degli immobili e gli impedimenti alla movimentazione del mercato.
Eppure ci sono dei provvedimenti che potrebbero cambiare l'andamento disastroso delle politiche abitative.
In primo luogo va colpito il ceto che si arricchisce ancora con gli immobili, cioè i palazzinari ed i grandi e medi proprietari. Come?
Bloccando subito nelle città le concessioni edilizie e tutte le operazioni ambigue come i cambi di destinazione d'uso; un provvedimento una tantum per imprimere una frenata drastica alla speculazione.
Secondo: mettere in atto una politica vera dell'affitto, con un sistema di calmierazione su base sociale (vantaggi per i giovani prima di tutto) e incentivi per i piccoli proprietari che spesso sono penalizzati fiscalmente e legalmente, e perciò affittano sempre meno.
Terzo ed ultimo, ma non ultimo: mettere le politiche abitative al primo posto nella ricostruzione da zero dell'urbanistica, come sono al primo posto tra i problemi delle persone, la cui vita ruota necessariamente intorno allo spazio 'casa'.
- Indice Sfratti, Fonte Sicet-Cisl
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