venerdì 23 marzo 2012

La Riforma che Vorrei

Una crisi grave come quella che attraversa l'economia nel nostro paese imporrebbe che si varasse una serie di vere riforme.
Io faccio una piccola proposta, articolata in pochi, semplici punti, anche se non sono nessuno per formularla e tanto meno per farla considerare da chi ha il potere di decidere in materia. Diciamo che sostanzialmente è la riforma che vorrei se credessi nelle riforme, come lavoratore prima di tutto.



Primo: taglio secco delle tasse sul lavoro del 50-60% per imprese che presentino entro pochi mesi un progetto di rinnovamento basato sull'implementazione organizzativa e tecnologica, in particolare per settori riguardanti l'energia, i rifiuti, la mobilità, l'edilizia; deducibilità perenne per lavoratrici e lavoratori di spese di ristrutturazione delle abitazioni per obiettivi inerenti l'impatto ambientale ed incentivi per la mobilità sostenibile.

Secondo: internalizzazione razionale, presso gli enti locali di prossimità, dei lavoratori dell'assistenza alla persona; incentivi fiscali ai processi di internalizzazione e fusione per tutte le imprese superiori ai 50 dipendenti; penalizzazione fiscale per i trasferimenti aziendali presso paesi a costo inferiore della manodopera.

Terzo: cancellazione immediata della riforma previdenziale dello scorso autunno; creazione di un sistema di uscita flessibile dal mondo del lavoro, che lasci la considerazione sulle capacità di proseguire alle lavoratrici ed ai lavoratori, e non al parlamento o peggio ancora all'Unione europea (perché lavorare dietro una scrivania è una cosa che si riesce a fare anche oltre i 60 anni, se lo si vuole, ma stare in officina è palesemente diverso).

Quarto: introduzione del reddito indiretto di cittadinanza, legato alla condizione di disoccupato o disoccupata, cioè di un insieme di defiscalizzazioni, riduzioni di costi (fino anche all'azzeramento) e detassazioni che riguardino le esigenze primarie (abitazione e servizi base inerenti [acqua, luce, gas, telefono], accesso alla sanità ed all'istruzione, accesso alla mobilità pubblica)

Quinto: eliminazione di tutte le restrizioni di libertà personale, di tutte le barriere amministrative e fiscali per gli immigrati senza permesso di soggiorno; riforma funzionale e ponderata dello stesso permesso.


Questa resta una provocazione di quasi nessun conto, perché proposte serie di sviluppo (anche molto meglio articolate della mia) non verranno mai, MAI considerate né tanto meno ricercate da governi che sono espressione del potere finanziario, come quello attuale.
Che per prima cosa direbbero che non si possono spendere soldi, perché il nostro debito pubblico è troppo alto e bisogna tagliarlo. Mentre occorrerebbe puntare i piedi e rinegoziarlo, mettendo fine all'assurdità di raggiungere obiettivi impraticabili in tempi di magra.
Non è sulla testa di chi lavora, che si possono far quadrare i conti di una nazione.

Occorre comunque provare dal basso a dire qualcosa di senso e socializzare i raginamenti, perché francamente le parole dei politici che abbiamo la fortuna di aver votato e legittimato, almeno finora, non stanno producendo altro che disastri.

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