La partita sulla riforma del diritto del lavoro è in pieno svolgimento.
Come ci si poteva aspettare, il governo ha fatto la sua mossa, e con un accordo 'mentale' (qualcosa di simile ad un calcolo delle probabilità) con Cisl e Confindustria ha presentato una bozza di progetto che demolirebbe il valore deterrente dell'articolo 18, facendo finta di bilanciare questo obiettivo con alcune acrobazie sull'allungamento temporale dell'indennizzo per i licenziati.
La posta in palio di questo contenzioso sull'articolo 18 non è in sé la norma specifica (benché la cosa non sia trascurabile), ma il sindacato.
Il colpo che riceverebbe quest'ultimo dalla modifica sarebbe doppio e fatale: da un lato, verrebbe a svuotarsi la funzione propria di questa entità, perché il lavoratore tornerebbe a vedersela direttamente ed individualmente col datore di lavoro, con esiti che facilmente si possono immaginare; dall'altro, si tratterebbe di uno smacco di immagine sociale quasi impossibile da recuperare per i confederali (lo si nota in casa Cgil come pure in quella Cisl, dove si continua a ripetere da ieri il mantra "non abbiamo firmato un accordo separato"). Francamente non sembra neanche che ci sia un margine di rinvigorimento significativo di sindacati più conflittuali (l'area Cobas-Usb), per ragioni complesse che riescono persino a travalicare questa occasione che sembra storica.
In tutto questo, come ho già avuto modo di dire, il tema concreto del lavoro e del non lavoro è eclissato.
Il governo Monti e la sua fedele scudiera Fornero stanno facendo un'operazione mediatica a costo zero, non una riforma delle regole del mondo del lavoro.
I diritti sociali, a differenza di quelli universali, hanno un costo: se non si spende semplicemente non ci sono. Qui per far bella figura in europa con conti che devono tornare a forza (non tornavano quando stavamo messi bene, come faranno a tornare ora che c'è recessione?), si riprogramma l'intervento dello stato nell'ambito delle crisi di lavoro, riducendolo drasticamente.
La cassa integrazione viene ridotta circa della metà sia nel tempo che nel reddito erogato; in ogni altra proposta che ha aleggiato in queste settimane sotto la voce ammortizzatori sociali, non c'è stato alcunché di significativo che andasse nell'unica direzione razionale: il reddito di cittadinanza.
Del funzionamento malato delle aziende, i cui amministratori hanno la mano libera per compiere ogni sorta di ruberia mettendola a conto acquisti ed anche peggio (la vicenda di Eutelia dice qualcosa?), e della pratica sistematica dell'elusione fiscale, si è parlato? Certamente no.
Il ruolo strategico dello stato nella visione di questo governo tecnico è quella di gendarme delle banche e delle rendite (che risiedono,poi,nelle banche).
Quello che accadrà da qui in poi non lascia presagire nulla di buono.
Politicamente, il Pd si è fatto incastrare nel cunicolo dell'appoggio a Monti sulla base dell'emergenza ed ora si trova tra l'incudine del governo e la mazza della sua base elettorale, e con ogni probabilità ne uscirà dilaniato. Il Pdl esulta, nel suo ruolo di azionista di riferimento dell'esecutivo, dato che si fa ciò che gli fa comodo e non si fa ciò che risulta scomodo. Il terzo polo pure esulta, ma non si sa bene perché (a meno che Monti non si candidi direttamente con loro, che garanzie hanno per il futuro?).
A sinistra regna l'ignavia. L'Idv non sa neanche bene ciò di cui si parla, ma colleziona marchette andando sottobraccio con i sindacati solo perché conviene. Sel e la Federazione della Sinistra provano a tirare la Cgil per la giacchetta, ma serve qualcosa di più di questo e serve molto di più che presentarsi come rappresentanti 'naturali' dei lavoratori, quando da troppo tempo si è smesso di esserlo.
Serve che si inizi a presentare l'istanza di un malessere che se non viene curato si tramuterà in conflitto sociale. Serve che si sdogani questo concetto - il conflitto - e magari che se ne faccia una prassi, senza tanti imbellettamenti. Perché se il tema del lavoro viene affrontato senza i suoi protagonisti, questi si ritrovano a subire ogni decisione.
Solo se si dovesse verificare un'insorgenza generalizzata dei lavoratori in tutto il paese, invece, qualcosa potrebbe cambiare. Ma è una speranza flebile, quasi retorica.
l'errore è pensare soggettivamente al divenire collettivo e vivere il presente con modelli culturali stagionati, come se qualcosa d'epocale dovesse accadere oggi.
RispondiEliminama purtroppo il tempo e lo spazio ci surclassano, solo la Specie unita e socialista, potrà abbattere il tempo con le generazioni e lo spazio con i suoi popoli e costruire in terra il paradiso!