lunedì 30 gennaio 2012

Nel Contratto Unico Mancano i Lavoratori

Siamo solo all'inizio, alle schermaglie, ma si capisce che la posta in palio è alta.
La borghesia nazionale si è ampiamente mobilitata, approfittando di quel cambio della guardia a Palazzo Chigi che la libera dopo anni dall'imbarazzo berlusconiano.
E giù a dire che il mercato del lavoro va riformato, che ci vuole più flessibilità.

Personalmente non sono affatto meravigliato delle parole che l'intelligentsia pronuncia da giorni per mezzo stampa e simili.
Al contrario di quanto si potrebbe pensare arrivo persino ad apprezzare la lettera di Scalfari alla Camusso, più di quanto mi capita di fare con la risposta della segretaria confederale della Cgil.
E già che, mentre il vecchio direttore si muove in linea con la sua classe sociale di riferimento e con il suo pensiero di sempre, la posizione della sua interlocutrice è molto più complicata.
Correttamente Scalfari dice che il sindacato non può comportarsi come qualche decennio fa, semplicemente perché non ha più il seguito di una volta: non è rappresentativo.
La Camusso, invece, fa un discorso infarcito di una retorica insopportabile, se messa in relazione con ciò che la direzione della sua organizzazione ha fatto in una miriade di vertenze: parliamone dei servizi pubblici di assistenza dati in mano alle cooperative, su cui da anni non si muove una foglia; oggi molti lavoratori del terzo settore lavorano con contratti scandalosi e non sapendo mai se il loro stipendio alla fine arriverà.
Tanto per fare un esempio.
Di Cisl, Uil e compari non si può neanche parlare in termini di forze sindacali.

E' questo il dramma per noi lavoratori: siamo soli.
Non esiste alcuna rappresentazione genuina ed autonoma della nostra condizione sociale e dei nostri interessi.
Qualunque sia, perciò, la riforma che andrà ad investire l'ambito del lavoro, saranno i dipendenti ed i precari a subirla.
Lasciamo perdere il fatto che le manfrine di confindustria, di Marchionne e degli altri sulla produttività non hanno alcun valore scientifico: quando le merci non si vendono, il problema non è si è più o meno efficienti nel produrle, ma che quel mercato è saturo e non ripaga gli investimenti fatti in quel dato settore (e che certamente la progressiva erosione del potere di acquisto di milioni di salariati non può aver inciso in positivo nell'economia).
Lasciamo perdere anche che la vera perdita delle aziende è costituita da disfunzioni e retribuzioni sproporzionate a livello dirigenziale, come tutti quelli che lavorano nel mondo reale sanno.

Il dato drammatico è la mancanza della voce delle classi subalterne, che hanno poco tempo e pochi mezzi in questo momento per esprimere il proprio gigantesco disagio giuridico ma anche esistenziale.
Un dato con cui non si misurano di certo né il Pd dei mille interessi imprenditoriali, né l'Idv che è un partito che esaurisce la sua missione con l'antiberlusconismo, né tantomeno il partito-movimento-rete (boh!) di Vendola, il quale riproduce all'ennesima potenza le contraddizioni che hanno distrutto l'esperienza di Rifondazione Comunista.

E' necessario che in questo momento i lavoratori inizino a far sentire le proprie ragioni al di là ma, soprattutto, al di sopra di un mondo politico e sindacale assolutamente non in grado di supportarli adeguatamente.
Le occasioni non mancheranno.



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