Siamo entrati nel terreno del paradosso.
Il governo attuale non ha più la sua maggioranza, ma il premier non si dimetterà prima di aver fatto concludere l'iter della legge di stabilità per come gli è stata imposta dall'Ue.
L'opposizione istituzionale si dimena come al solito nell'incertezza e, invece di affondare la superata maggioranza con un normalissimo voto di sfiducia, dà la sua disponibilità a non ostacolare l'approvazione di questo famigerato atto. Firma un assegno in bianco, ma sulla pelle di chi?
Sarebbe facile e demagogico dire: sulla nostra; ma la questione non è così semplice.
Berlusconi non è tipo che si arrende, è animato da un autentico furore di successo. Non è affatto improbabile che, direttamente o indirettamente, si ricandidi; specie se le elezioni si terranno a breve. E dato che il disegno di questa legge sarà comunque firmato da lui, esso dovrà contenere ciò su cui si è sempre basata la sua fortuna politica.
Da un lato provvedimenti a favore delle rendite e delle speculazioni in grado si far entrare qualche soldo nelle casse dello stato ma senza intaccare la sostanza di questi fenomeni (condoni soprattutto).
Dall'altro una serie di tagli alla spesa pubblica che daranno il colpo di grazia alle amministrazioni locali e alla scuola pubblica.
Pensioni e licenziamenti, per convenienza, verranno toccati solo marginalmente e, comunque, in maniera da coinvolgere nel varo di norme specifiche anche l'opposizione parlamentare. Il ricatto dell'Europa che incombe funzionerà, eccome.
E' proprio su questo che occorre concentrare l'attenzione.
L'Europa ci impone misure drastiche per ridurre il debito pubblico, ma per quale motivo 'noi' dobbiamo raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 e la Francia nel 2016? Perchè le nostre pensioni devono salire da 65 a 67 anni e in Francia da 60 a 62? Eppure, esattamente come accadeva in Grecia prima del tracollo, il risparmio delle famiglie è fra i più alti al mondo.
Ognuno tragga le sue conclusioni; l'analisi comparata però è sempre lo strumento più adatto mettere le persone di fronte ai fatti.
L'Italia si indebita di più, tuttavia, perché non si sviluppa, o quantomeno non ha ritmi e presupposti paragonabili, ad esempio, a quelli francesi o tedeschi.
Molti sostengono che esiste un problema di non-crescita. Ma è una balla. I patrimoni sono cresciuti, e se può apparire che molti investimenti stanno perdendo valore con la borsa che va male, occorre ricordare a tutti che esiste un flusso instancabile di denaro che al minimo cenno di crisi viene trasferito all'estero. Per poi tornare in Italia nei momenti opportuni con le truffe legalizzate delle penali basse e degli scudi fiscali.
Tra l'altro, a parte questi ultimi mesi, per anni le aziende hanno fatto profitti enormi e li hanno reinvestiti all'estero, con società da poche migliaia di euro in cui il lavoro rende tanto e costa pochissimo.
Quello di casa nostra, dunque, un problema di sviluppo. Cioè di concezione dell'economia e dell'amministrazione.
Non esiste la professione della ricerca, nè nel pubblico nè nel privato. Si lavora con quello che c'è, se c'è. Tutto è lasciato all'iniziativa delle famiglie, che si caricano globalmente l'assistenza dei figli-studenti, e degli individui, i quali spesso si indebitano per pagarsi la formazione professionale adeguata. Che poi in realtà non serve a niente perchè le aziende preferiscono non avere a che fare con titoli che poi sarebbero costrette a far figurare negli stipendi dei dipendenti.
Non esiste più una dignità del lavoro. I contratti collettivi recenti e le dinamiche interne delle aziende e degli enti uniformano al ribasso, senza riguardo per nessuno. Quello che fai non conta niente, conta solo quanto e/o come sei legato al capo di turno. E quando ti fanno fuori, trovi un sindacato che invece di difendere te difende se stesso ed il suo ruolo ormai consolidato di operatore economico di rilevante fatturato annuo.
Non c'è più alcun riguardo per la cosa pubblica. La corruzione non dilaga, ha straripato. I partiti principali sono delle logge massoniche, spesso trasversali, che servono semplicemente a spartire appalti, commesse, posti di dirigenza, con il più totale dispregio delle elementari regole contabili. Ed ora che il denaro nelle casse dei ministeri è quasi finito, per fare cassa venderanno le ultime fette di patrimonio pubblico fatto di beni immobili e servizi agli amici degli amici.
Le eccezioni, che pure esistono in ogni ambito - imprenditori capaci, dirigenti responsabili, studenti meritevoli, lavoratori eccellenti, sindacalisti leali, funzionari scrupolosi, politici onesti, ecc. -, non intaccano la regola in questo paese.
Questo è ora il sistema.
E questo sistema farà la legge di stabilità per salvare se stesso.
Restiamo, perciò, vigili e capaci di critica: non ci ingannino i richiami alla responsabilità, da chiunque proverranno; qualunque cosa accada nei palazzi della politica nazionale (e anche locale) nei prossimi giorni, badiamo che in modo subdolo chiederanno ai lavoratori e ai loro figli e ai loro genitori di pagare il conto.
Se non accadrà nulla di davvero eclatante fuori da quei palazzi.
Molto bello e sicuramente condivisibile Ale.
RispondiEliminaCiao, Andrea B.