Se mai senso ne abbia avuto.
Non ha più senso che il governo ma anche i partiti di opposizione istituzionale rimangano dove sono, cioè sulle nostre teste.
Devono andarsene tutti, al più presto.
Non dovremmo temere il dopo.
Dobbiamo temere l'adesso.
E' adesso, sul cadavere ambulante di Berlusconi e dei pochi sodali rimasti con lui, che il sistema delle banche a rischio di collasso sta adunando tutti i suoi sostenitori per essere 'salvato'.
In questi frangenti, che non sono inediti nella storia recente di altri importanti paesi, la popolazione dovrebbe sobbalzare di preoccupazione ogni volta che sente sui media termini come 'unità nazionale', 'risanamento dei conti pubblici', 'liberalizzazioni a tappe forzate', 'riforme strutturali del lavoro', ecc.
Dovrebbe scattare in piedi perché è il momento in cui i poteri forti approfittano del fatto che i meccanismi dei loro profitti si sono inceppati, o addirittura rotti, per cercare di trarre guadagno da campagne di terrorismo mediatico orchestrate ad arte.
Le borse di tutto il mondo stanno effettivamente subendo delle forti perdite, trascinate - come si suol dire in questi casi - dai ribassi dei titoli bancari. La causa di questo disastro, che segue a stretto giro una catena di altri disastri iniziata nell'autunno 2008, è l'enorme debito pubblico italiano, che rischia di non poter essere onorato fra qualche anno se non si interviene presto.
Scrive esemplarmente Ezio Mauro, direttore di Repubblica:
"L'UNICA COSA che conta adesso è salvare il Paese. Siamo dentro una tempesta finanziaria che investe tutto il mondo e rivela la fragilità dell'economia occidentale, convinta solo dieci anni fa che questo sarebbe stato il secolo della sua egemonia. Adesso il rischio è che la crisi dell'Occidente intacchi la stessa democrazia, se si rivela strumento inefficace di regolazione del sistema.
Non c'è dunque tempo da perdere. Soprattutto per l'Italia, dopo l'allarme lanciato ieri congiuntamente dalle Borse, dagli spread, dalla Bce con Trichet e dalla Ue con Barroso.
Siamo noi nell'occhio del ciclone, perché portiamo nella crisi mondiale il fardello del nostro debito pubblico, il ritardo nelle riforme, la paralisi del governo e la polverizzazione della leadership".
Potremmo citare decine di altri editoriali (Daniele Manca sul Corriere scrive esattamente le stesse cose), ma questo è particolarmente importante perchè rappresenta la voce di congiunzione tra sinistra istituzionale e alta borghesia nazionale, forse anche di qualche altro paese.
La voce, cioè, di quelli che si contrappongono a Berlusconi un po' perché sta loro antipatico e un (bel) po' perché è il rivale in affari della lobby per conto della quale parlano. Innanzi tutto in questo momento l'attuale premier è un pericolo per la totale incapacità di gestire la crisi a livello di rapporti internazionali. E su questo punto gli Ezio Mauro d'Italia incassano il consenso del 90% dei pezzi grossi dell'informazione e dell'economia.
Da ciò derivano due scenari, solo apparentemente divergenti.
Il primo prevede la caduta del governo della maggioranza parlamentare e la sua sostituzione con un governo tecnico; sarebbe l'apoteosi dei capitalisti in affanno, specie della finanza, ma anche degli industriali Mercegaglia-style che con questo tipo di amministrazioni hanno spesso fatto buoni affari. Le svendite di aziende pubbliche, le riforme delle pensioni e lo smantellamento del diritto del lavoro di Amato, di Ciampi e di Dini sono felicemente vive nella loro memoria. Di classe.
Il secondo scenario parla di un proseguimento del governo di Berlusconi che, debole e infelice, sarebbe costretto a concedere ogni cosa concedibile agli stessi soggetti di cui si parlava poc'anzi; è una prospettiva poco allettante per i nostri 'amici' banchieri, perché Berlusconi governa grazie al consenso elettorale e forse tante cose impopolari tutte insieme non le può fare, altrimenti rischia che poi non ri-vince e gli tocca emigrare nei caraibi.
Entrambe le ipotesi devono comunque portare ai prìncipi del sistema il minor numero di guai e, se ci scappa, la maggior quantità di affari sotto banco.
Eppure questa volta il pericolo incombe come poche volte, per intensità e potenziale, su di noi.
Come lavoratori in particolare, ci si profila dinanzi un passaggio di massa al regime della precarietà; come cittadini in generale, rischiamo la demolizione finale dello stato sociale e dell'impianto dei diritti; i migranti, invece, rimarranno la valvola di sfogo di una politica che non potrà a lungo correre il rischio di parlare di economia, lavoro e welfare.
E tutto questo in nome della salvezza del paese.
La Santa alleanza dei tempi nostri è in fase di verniciatura finale, ma per il resto è una macchina perfettamente messa a punto. A farci la grazia di metterci in croce saranno i partiti istituzionali, con l'avallo dei sindacati, il plauso dei media più influenti, le ovazioni di Confindustria e l'immancabile benedizione solenne del Presidente della Repubblica.
Basterà mettere al bando gli estremisti; il che significa che, con l'indolore sacrificio dei berluscones più invasati edi qualche leghista rimbambito, ogni opposizione sociale sarà combattuta senza quartiere, mediaticamente ma non disdegnando repressione e uso della forza in piazza.
E' per questo che le persone più sensibili e attive nella società non si devono far ammaliare dalle sirene dell'emergenza nazionale. Perché se un emergenza c'è, quell'emergenza sono le migliaia di persone che stanno perdendo la propria occupazione da tre anni e che per sopravvivere sono costrette ad adeguarsi a contratti sempre più svantaggiosi per il reddito e per la condizione complessiva del lavoro.
E' per questo, semplicemente per questo, che dobbiamo chiedere che se ne vadano via tutti e subito.
E' l'ordine delle priorità che bisogna riscrivere.
A meno che avere i loro piedi sulle nostre teste non sia diventato con gli anni addirittura piacevole.
- Ezio Mauro, Prima che Sia Tardi, Repubblica.it (4 agosto '11), http://www.repubblica.it/politica/2011/08/05/news/commento_ezio_mauro-20047341/?ref=HRER3-1
- Daniele Manca, Obbligo di Reazione, Corriere.it (5 agosto '11),http://www.corriere.it/editoriali/11_agosto_05/obbligo-di-reazione-daniele-manca_882816e8-bf22-11e0-9335-6a1fd5e65f3e.shtml
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